Adriano Olivetti

Parlando di Bellezza , da buona Canavesana, non posso non ricordare Adriano Olivetti (1901-1960), figlio di quel Camillo fondatore della Ing. C. Olivetti & C. Spa, la prima fabbrica italiana di macchine da scrivere.

adriano olivetti a ivrea

Sotto la guida di Adriano, la Olivetti sarà la prima anche in altre cose (la prima calcolatrice, il primo pc desktop,..) ma questa è un’altra storia, avvincente ed appassionante, con risvolti umani e storici decisamente importanti.
Avrò certamente modo di raccontarvi tutto in un’altra occasione…

Oggi voglio invece soffermarmi sui valori che hanno guidato Adriano Olivetti nel suo percorso professionale ma soprattutto umano. Uno dei primi valori di Adriano Olivetti era la Bellezza, anche se apparentemente sembrerebbe non avere nulla a che fare con il compito principale di un imprenditore, vero?

Adriano aveva fatto studi tecnici e sentiva la mancanza di una cultura umanistica di base.
Per volontà del padre Camillo (nella foto a destra) aveva sperimentato il lavoro in officina per 9/10 ore al giorno, con una sola breve pausa per mangiare, questa esperienza restò scolpita in lui per tutta la vita.

“una tortura per lo spirito, che stava imprigionato per delle ore che non finivano mai, nel nero e nel buio di una vecchia officina” ebbe a dire diverse volte, ricordando quell’esperienza.

Quindi uno dei suoi primari obiettivi è sempre stato quello di creare fabbriche a “misura dell’uomo“, come diceva lui, dotate di ambienti ampi e luminosi, spazi aperti, vetrate oltre le quali far spaziare la vista e anche il cuore..
La luce e la bellezza delle strutture erano per lui essenziali e questo non solo per la sua innata inclinazione estetica e il suo amore per il bello ma anche, direi soprattutto, per la profonda convinzione che la Bellezza e la Luce creano una disposizione d’animo favorevole al lavoro (che sia quello di un operaio o di un manager per lui non faceva differenza), li gratificano e li mettono in condizione di dare il meglio di sè.

E tutto questo non certo per un fine utilitaristico..
Famoso è il suo discorso di inaugurazione di Pozzuoli, nel 1955 (fondò uno stabilimento in un posto meraviglioso, dove ho avuto la fortuna di lavorare, anche se per brevi periodi):

«Di fronte al golfo più singolare del mondo, questa fabbrica si è elevata, nell’idea dell’architetto, in rispetto della bellezza dei luoghi e affinché la bellezza fosse di conforto nel lavoro di ogni giorno.
La fabbrica fu quindi concepita alla misura dell’uomo, perché questi trovasse nel suo ordinato posto di lavoro uno strumento di riscatto e non un congegno di sofferenza.»

Mettere la Bellezza e l’Armonia al centro delle fabbriche e dello sviluppo urbanistico, guardando alla comunità territoriale come luogo di realizzazione di un mondo spiritualmente più elevato, ecco l’obiettivo principale di Adriano Olivetti.

Già nella metà degli anni trenta Adriano aveva ampliato la vecchia fabbrica paterna, con un risultato, per l’epoca, veramente strepitoso. Gli architetti Figini e Pollini, seguaci delle idee di Le Corbusier (famoso architetto svizzero, geniale pensatore della realtà del suo tempo, che fuse l’architettura con i bisogni sociali dell’uomo) avevano creato un vero gioiello, con linee semplici, razionali ed esteticamente gradevoli: un palazzo di vetro composto da ambienti grandi ed inondati di luce.
I lavori erano poi ripresi negli anni ’50 con l’aggiunta di nuovi corpi di fabbrica, sempre con grandi superfici vetrate.
Dal 2018 gli edifici Olivetti sono inclusi nella lista del Patrimonio Mondiale UNESCO e restano la prova concreta di un miracolo industriale irripetibile che fondava i suoi presupposti anche sulla bellezza delle sue strutture, oggi visitate regolarmente da turisti e da nutriti gruppi di studenti in architettura.

Anche gli stabilimenti costruiti all’estero hanno sempre seguito la stessa filosofia e la stessa attenzione e cura Adriano Olivetti la volle riservare ai vari punti vendita in giro per il mondo, che restano ancora oggi famosi e concreta manifestazione di quella “voglia di bellezza” che permeava ogni settore dell’azienda.

Negli anni ’90 lavorai qualche anno negli stabilimenti Olivetti di Scarmagno e in quel periodo arrivò una vera meraviglia: un quadro di Renato Guttuso, 6 x 6 mt, che Adriano commissionò nel 1945 all’artista. Boogie Woogie è il titolo del quadro, la guerra si era appena conclusa e la scena del dipinto si presenta allo spettatore come simbolo della libertà conquistata e della aspirazione ad un mondo nuovo, migliore.
Il quadro venne sistemato nel Capannone C, in una posizione dove tutti potessero vederlo.
Lo ammiravo spesso, osservando nel dettaglio i tanti particolari che ci sono nel quadro, ma soprattutto apprezzavo il fatto che fosse stato messo proprio lì, a disposizione di tutti e non invece in qualche sala riunioni o in qualche posto dove solo pochi avrebbero potuto vederlo.

Ecco, anche questa è l’eredità di Adriano Olivetti, la Bellezza a disposizione di tutti..

Potremmo stare delle ore a descrivere l’amore per l’arte e per la cultura che Adriano Olivetti cercò sempre di diffondere nella sua azienda ma anche nell’intera comunità, mi sarebbe piaciuto molto conoscerlo e chiacchierare con lui…

Cosa mettiamo nello zaino questa volta? Voglio mettere un pennellino, di quelli piccoli e graziosi che usano gli artisti per rifinire i dettagli, cosi ci ricorderà l’importanza di osservare i dettagli e di dare il giusto valore al nostro lato artistico.

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